« Le piaceva passeggiare per strada con dei libri sotto il braccio.
Essi rappresentavano per lei ciò che il bastone da passeggio rappresentava per un dandy del secolo scorso.
La distinguevano dagli altri. »
giovedì 15 ottobre 2015
Tess dei d'Urberville; Thomas Hardy
Tess dei d'Urberville; Thomas Hardy
Titolo originale: Tess of the d'Urbervilles
Autore: Thomas Hardy
Editore: BUR
Prezzo: Questa vecchia edizione 10 mila lire.
Photo by Busy Bee ©
Ci sono libri che, non appena li hai in mano, capisci quanto saranno importanti per te, come se potessi percepirne la potenza. E' stata questa la sensazione che ho provato, non appena ho scelto la mia nuova lettura. Adesso, nonostante le varie sensazioni che si agitano dentro di me, quella più forte è la gratitudine. Non bisogna mai sottovalutare la bellezza di avere incontrato un'autore del genere e, finalmente, avere potuto entrare in contatto con la sua scrittura. Ho l'abitudine di considerare, alcune perle letterarie, dei veri e propri doni, che il tempo e i vari intrecci che esso opera, lasciano capitare nella mia vita proprio al momento giusto.
Ci sono letture giuste che vengono fatte al momento sbagliato, e perciò abbandonate, considerate con poco interesse, e letture sbagliate affrontate in momenti in cui il lettore è molto aperto, prodigo all'apprendimento e curioso come non mai. Si da il caso che questo libro sia stato giusto in un momento in cui voglio ampliare i miei orizzonti.
Hardy ha avuto una vita che trovo interessante; qualsiasi cosa facesse, riusciva a farla bene. Sin dalla giovane età imparò a suonare, divenne architetto e, insignito di premi a riconoscere il suo valore in tale campo non si fermò e non fu solo un eccellente rappresentante di questa classe lavoratrice. Mi piacciono molto i personaggi dai molti talenti e sicuramente Thomas Hardy ne aveva diversi e tutti di alto livello. Infatti, dopo avere raggiunto un picco nella sua prima carriera, decise di impegnarsi nella scrittura e lo fece in modo da diventare uno dei più grandi romanzieri vittoriani. Chi non ha mai sentito parlare di titoli come quello che oggi presento, oppure altri come "Via dalla pazza folla" o "Giuda l'oscuro"? Sono esempi di tale importanza, nel vasto mondo della letteratura, da rappresentare una sorta di sfondo sognante per coloro che pur non avendo ampliato il loro panorama hanno atteso che fosse il momento giusto per approcciarsi a queste letture.
Leggendo un poco di Hardy, ci si trova di fronte alla sua vita, un percorso, scandito da fasi in cui lo scrittore dalle prime prove, ove la natura si presenta, bucolica e selvaggia, nel suo "Wessex", giunge al culmine del pessimismo nell'ultimo romanzo in seguito al quale smetterà la carriera di romanziere. Sarebbe bello leggere tutta l'opera e solo dopo scrivere qualcosa su di lui, magari avendo anche letto le sue poesie. Si, perché dopo un decennio di fatiche romanzesche, Hardy si dedica solo alla poesia. Si tratta, secondo le critiche, di un lavoro degno di poeti altissimi, ad opinione di noti autori come Eugenio Montale per esempio. La sua più monumentale opera di poesia è "I Dinasti" a cui si aggiungono altre raccolte, alcune indirizzate anche alla moglie che l'aveva lasciato prima del tempo.
Hardy continuò a lavorare alacremente fino in età avanzata, e al compimento dei suoi ottanta anni ricevette una lettera firmata da cento autori inglesi che rendevano omaggio alla sua prosa e alla sua poesia. Morì a Max Gate, nel Dorset, suo luogo natale che aveva reso celebre nei romanzi denominandolo Wessex.
Una ragazza tenace e sfortunata, figlia della povertà dei campi, vittima dell'uomo e dell'età industriale: è Tess dei d'Urberville, protagonista di uno dei capolavori del romanzo vittoriano. La tranquilla contea inglese del Wessex, antica denominazione anglosassone del Dorset, è teatro di sordide vicende e di soprusi: l'ingenua Tess, ultima rappresentante di una nobile famiglia decaduta, viene sedotta e abbandonata in giovane età, costretta a seppellire un figlio nato malato, battezzato da lei stessa con il significativo nome di Dolore. Condannata come "donna perduta" dall'opinione comune, non si arrende alla propria condizione: cerca il riscatto attraverso il lavoro e il matrimonio con Angel Clare, figlio di un pastore evangelico, turbato dal passato tormentato della moglie. In un crescendo di vicende drammatiche, Tess troverà riposo solo all'ombra dell'antico tempio pagano di Stonehenge, come una vera vittima sacrificale dei tempi moderni.
Il modo più intelligente di affrontare questo libro è rendersi conto di non potere, anche con uno sforzo ciclopico, usare lo stesso metro di ragionamento degli uomini e le donne che abitano le pagine del romanzo. Tra noi e quell'epoca, sembra esserci molto più distacco di quello che un paio di secoli possono produrre.
Così è stato per me, che ho vissuto gli accadimenti del romanzo, come lottando in prima persona, conscia che, dopo battaglie, lacrime e lunghissime riflessioni, avrei comunque perso. Troppi sono i segni premonitori che lo scrittore inserisce nel libro, perché il lettore possa non scorgerli o addirittura ignorarli. Ci troviamo di fronte ad una serie di innumerevoli e inquietanti esempi di quello che verrà, come se l'intreccio fosse governato da una volontà superiore a cui non si può sfuggire in nessun modo.
[...] Hardy sa che il romanziere ispirato dal destino possiede un unico dono; quello di "vedere".
- Pietro Citati
E' questa la sensazione che si ha, leggendo, di essere governati da una volontà superiore che ha già visto "tutto" e che ha definito, per la nostra eroina e le sue pene, una fine che non potrebbe essere diversa da quella che è.
Un gallo che canta durante il pomeriggio; un cavallo che muore atrocemente, durante una sfortunata notte; lettere rosse, come sangue, tracciate duramente a sigillo di quella che viene considerata la linea retta da seguire; un marito che porta la sua sposa in braccio, sonnambulo, depositandola in un luogo gelido e oscuro e infine, quella stessa sfortunata sposa, posta sulla fredda pietra di Stonehenge, a riposare, come offerta in sacrificio, nella emblematica scena finale del romanzo. Questi, e non solo, moltissimi altre, possono essere considerati come segni premonitori che, facilmente, il lettore attento lega e ne traccia un disegno doloroso ma pieno di fascino.
La vista che regola questa storia, inizia e prosegue in preda ad una sfortunatissima serie di eventi, la cui battuta d'inizio viene dato da un parroco il cui strano senso dell'umorismo impedisce di mettere un freno alle sue intuizioni da storico.
"Buona sera" esclamò l'uomo col paniere.
"Buona sera, Sir John" rispose il parroco.
Il viandante, dopo uno o due passi, si fermò e voltò.
"Sentite, signore, scusatemi, l'ultimo giorno di mercato ci siamo incontrati su questa strada, all'incirca a quest'ora e io dissi 'Buona sera' e voi avete risposto 'Buona sera, Sir John' come ora."
"E' vero" confermò il parroco.
Molte volte, non si può fare a meno che interrogarsi, supponendo, chiedendosi, se quella tale frase non fosse stata pronunciata, o quell'errore fosse stato frenato, o quel tipo di orgoglio smussato, allora la portata del disastro avrebbe sicuramente deviato la violenza che alla fine si è espressa.
Ma Tess è un eroina, una sorta di splendida e ingenua nobile decaduta, e deve lottare al massimo, esprimere più che può quelle che sono le sue parti migliori e forse anche quelle peggiori. Nel suo essere si mescolano una forza di carattere per cui è facile paragonarla ad una una nobildonna di tempi ancora più antichi, ed una dolcissima fragilità che la rende amabile. Così non si può che restare ammaliati da lei, quando lo scrittore parla dei suoi occhi pieni di così tante sfumature e della sua bocca carnosa, dei capelli scuri; ma da lei irradia una sorta di aura, per via di quel carattere che innamora ancora di più. Tess è indomita, non smette mai di lottare; non si adagia mai, sconfitta, in un letto ad aspettare la sua ora. E' una creatura passionale, combattiva, ma compassionevole e matura, decisa a sacrificarsi più d'una volta in favore di chi nemmeno comprende il suo sacrificio.
La solitudine che circonda la sua figura, come quando ella fuggendo alla paura di essere ancora oggetto di violenza, si rintana nel folto della natura e li trova uccelli, vittime della sete di sangue dell'uomo cacciatore, è un tratto fondamentale di lei. Non si riduce ad un solo momento, ma si biforca lungamente e raggiunge ramificazioni infinite.
Tess è nata da una famiglia che non gli è mai d'aiuto; a volte sembra che lei sia una trasposizione dei suoi antichi antenati, non più parte di quel nucleo distrutto e inutile, percepito anche da chi sta loro intorno come in un bivio. La sua stessa famiglia non la protegge, anzi, per un sogno senza fondamenta, sciocco, pieno di vanità, la precipita nelle fauci di un orco che le farà del male.
Quanto è triste, superata la prima parte del romanzo, trovarsi una pagina vuota con al centro solo l'emblematica frase "Non più fanciulla"?
Il suo primo vero viaggio si conclude in rovina ed allora, ancora giovinetta, si trova a dover fare nascere e poi subito dopo seppellire un bambino nato malato - nato da un male incurabile che è un amore ossessivo riversato violentemente sulla protagonista.
Ci si sente così fragili, leggendo, ma allo stesso tempo forti, si vorrebbe proteggerla Tess, ma ben presto si capisce che niente potrà salvarla.
Nel corso del romanzo colpisce l'importanza che l'autore da alla natura e ai fenomeni atmosferici. Questo Wessex di cui Hardy parla è il Dorset, arcaico e imbevuto di antiche tradizioni anche pagane. Nell'immaginazione del lettore, queste terre piene di brughiere, ma anche di oscuri pendii e lande brulle, appaiono vividamente. Le descrizioni sono quelle meravigliose che fanno credere di essere li, e non al sicuro a casa propria; forse sensazioni del genere, così complete, non le avevo provate nemmeno leggendo Cime Tempestose dove la potenza della brughiera sembra fagocitare il lettore. Lo stesso accade in questo romanzo, ma la maestria con cui Hardy narra del paesaggio fa pensare più all'abilità di uno scultore che a quella di un pittore. Le caratteristiche del paesaggio, sono accompagnate dagli effetti che i fenomeni atmosferici hanno su di loro e sono per questo rese più crude, più intense e impresse nell'animo di chi legge. Proprio come uno scultore, per modellare la statura su cui lavora, imprime con più potenza possibile i propri attrezzi sul marmo, così Thomas Hardy costruisce il Wessex. Questo è l'effetto che la sua scrittura ha avuto su di me; si è impressa a fondo, con la perfezione di contorni che solo un opera di gelido marmo può avere.
Affinché ci si possa calare al meglio nel romanzo, come ho detto all'inizio, bisogna assolutamente cercare di capire qual'è l'epoca in cui è ambientato. Un'epoca diversa non è solo distanza temporale, da noi altri che viviamo al riparo della tecnologia e della nostra moralità, ma pensare e sentire diverso.
Da parte mia, so che anche tenendo conto di questo, non avrei mai potuto rimanere meno indignata o accumulare scusanti per coprire atti vergognosi. Per questo motivo, leggere Tess è una continua lotta; perché è impossibile restare silenti, quando alcuni giudizi vengono montati sulla base di atti che non sono stati scelti ma semplicemente sono accaduti.
E' vero, essere un romanziere significa rappresentare dei fatti inventati, ma in questi c'è sempre una verità che viene narrata come dietro una parete sottile. Quante donne dell'epoca, venivano abbandonate solo perché, a causa di violenze da loro e solo da loro subite, erano poi considerate sporche e indegne?
In questo libro, come in un oceano in perenne lotta, è stata riversata l'eco delle loro voci.
L'uomo che Tess ama, o sarebbe meglio dire che lei venera, è un'uomo del suo tempo. Non un'uomo di mentalità aperta, sebbene egli si senta così, e non troppo diverso dai propri fratelli che egli giudica quasi aspramente. Angel Clare ( un nome scelto con molta ironia dall'autore ) si innamora di Tess, avendo di lei una visione che si discosta dalla realtà della ragazza.
Su di loro, sin dall'inizio del romanzo, pesa una sorta di malaugurio. Nel momento in cui si videro la prima volta, ad una piccola festa tra giovani donne, egli ballò con molte ragazze ma non con lei.
Come si può non considerare questo punto se non come un'altra delle premonizioni che pesano sull'andamento degli eventi?
Lascia l'amaro in bocca, al lettore, come alla stessa Tess, che ricorda con "delusione" quel momento, anche dopo anni.
Il loro rapporto è costruito sulla base di una naturale predisposizione ad innamorarsi l'uno dell'altra. Ed è qui che si comincia a subire il carico d'ansia che anche Tess subisce. Giorno e notte, ora dopo ora di lavoro, lei vive questo fortissimo contrasto interiore, che provoca dubbi, palpiti. E' giusto o no dire la verità? Sarebbe meglio mentire oppure rivelare ogni sfumatura del proprio animo? Ognuno è libero di congetturare come meglio crede, ma la verità serpeggia sotto il doloroso continuare degli eventi. Ed è proprio quando non si può più tornare indietro, che la realtà sembra lampeggiare e ferire come se fosse un coltello che penetra nel profondo.
La dolcezza di quell'amore che lei merita, si tramuta in astio, delusione, ed una ferma decisione di abbandonarla e fuggire. Ella non può che accettare la decisione del marito a cui ha confidato la verità troppo tardi.
Già questo, di per se, basterebbe a distruggere la vita di chiunque. Tess, il cui spirito è stato già stuprato, ripete diverse volte nel corso della storia, quanto in realtà vorrebbe morire. Quanto vorrebbe essere morta! E non è un semplice modo di sfogarsi, ma la pura verità. Sembra anche avere la capacità di "sentire" quanto gli eventi le siano avversi, nonostante la speranza nutrita dall'idolatria verso il marito la spronino a continuare a vagare. E' un viaggio senza posa il suo, sempre pieno di quella solitudine dolente, che colpisce il cuore di chi legge, e non gli da nessuna tregua.
Oltre alle descrizioni della natura, così potenti, anche quelle del lavoro restano molto impresse. Tess è all'inizio una balia di polli, presso i parenti Stoke/ d'Urberville, e poi mungitrice, nel suo periodo più felice, forse l'unico periodo un po' gioioso a Talbothays; infine lavoratrice nei campi, impegnata a snidare con le mani colpite da gelidi venti, le rape. E poi anche nel più pesante possibile lavoro nei campi, sui covoni di grano. Instancabile, riversa la sua ansia e il suo dolore, nel continuo lavoro al gelo. Questo modo di tirare avanti, quasi annullandosi nel lavoro, è l'unico modo che conosce per auto punirsi e anche per sopravvivere. Così povera e abbandonata come è, rinuncia alla possibilità di contattare i suoceri che mai ha conosciuto, e vive un anno di terrificante solitudine. Si, perché la solitudine non è soltanto non scambiare mai una parola con nessuno, ma sopratutto non essere curati, amati, quando in realtà il proprio merito lo imporrebbe a chi è amato da noi.
Tess si piega al volere del marito, dunque, accetta la sua volontà e rimane lontana da lui. La sua sottomissione brucia molto, sopratutto quando si riflette affondo sulla personalità di Clare.
Io credo che la religione, in questo libro, non faccia altro che creare il male. Il credo degli altri, di cui si fanno scudo per affrontare il mondo ancora arcaico del Wessex, non aiuta mai Tess. La fede dei genitori di Clare non è abbastanza incisiva da contagiare il figlio e quindi renderlo uomo prodigo al perdono; i predicatori che imbrattano muri e pareti con inquietanti frasi ammonitrici, ingombrano le pagine del romanzo con la loro ombra quasi diabolica. Fanno paura, a Tess, a noi che leggiamo, e non sono mai d'aiuto. Si tratta di quella religione che non salva, ma spinge al terrore più profondo, al senso di colpa che non svela le porte del paradiso, ma attira in un vortice di cieca ironia. E infatti, non dimentichiamo che a dare inizio a questo dramma, è proprio la sarcastica scoperta del parroco che si rivolge al padre di Tess chiamandolo Sir John. Questa religione che sa di fanatismo si attacca alla figura più grottesca del romanzo: Alec d'Urberville, colui che strappa l'innocenza di Tess.
E' il massimo della beffa; egli, non un d'Urberville, ma uno che si è appropriato di questo nome senza avere gli antichi natali che il nome appunto ricorda, toglie alla ragazza la fanciullezza e poi si ripresenta a lei, quando ormai la ruota degli eventi messa in moto dalla violenza, l'ha portata a diventare la creatura abbandonata e disperata che è. E si presenta come un convertito, un pastore d'anime, addirittura spinto alla conversione da un uomo considerato irreprensibile. E chi altri può essere se non il padre di Angel Clare? Ironia e beffa.
Questa sorta di diavolo non fa che perseguitarla, tentarla, seguirla e dimostrare quanto questa fede sia falsa. Angel, lontano, continua ad essere lo spirito guida della ragazza, ed ella si rivolge a lui, pregandolo di tornare per salvarla perché sente che sul suo cammino è giunto il tentatore. Adesso potrebbe deviare dalla sua via e cedergli per aiutare la madre e i fratellini. E' come se in questa parte del romanzo riecheggiasse la risata continua di Alec d'Urberville, una smorfia aberrante e spaventosa che il lettore, insieme a Tess, vorrebbe dimenticare ma, Oh, non può.
Purtroppo, nonostante il romanzo sia stato scritto nel 1891, ho trovato delle somiglianze con la vita del nostro mondo moderno. In particolare, quella predisposizione degli uomini a considerare Tess una tentatrice. In lei viene vista una sorta di dea pagana, che con le sue labbra rosse, gli occhi splendidi, la bella figura, inquieta e attira gli uomini innocenti. Sia Alec che Angel Clare, rendono ben visibile questa visione che hanno di lei. Tess diventa una tentatrice, una bugiarda ed una donna sporca. E invece non lo è, anzi rimane sempre una creatura dal cuore puro, intatto, per tutto il romanzo.
Anche oggi, molti uomini considerano le donne come tentatrici, e molte violenze vengono scusate con l'abominevole frase "Se l'è cercata." Se una donna è bella, sorridente, allora se l'è cercata. Uomini di tale fatta non sono diversi da Alec d'Urberville, che considera Tess a metà tra un oggetto e una ninfa che l'ha sedotto.
In lei c'è qualcosa di misterioso, ma come dice, cercando di difendersi, quando una donna risponde con un "No" a volte vuol dire esattamente questo e non un Si velato da civetterie e maliziosi sentimenti.
Sin dall'inizio del romanzo mi aspettavo di soffrire molto, ma il finale mi ha davvero portata all'annientamento. La fugace felicità che, alla fine, i due ricongiunti innamorati godono, è talmente effimera da far sanguinare il nostro cuore. Ma non è questo il lato peggiore, non la breve durata del loro "ritrovarsi", ma è che è troppo tardi. Tardi per tutto.
Tess ha ceduto; ha raggiunto il suo demone e s'è lasciata possedere. E' questo che spezza il cuore, e non il volto smagrito, doloroso, di Angel Clare, che intanto ha faticosamente raggiunto una svolta nella sua dubbia e cieca morale.
Si compie il delitto; una macchia rossa che copre il pavimento, che gocciola dal soffitto e si lega a quel cupo rosso che abbiamo spesso visto in altri segni nel corso del libro, ed è lo sguardo di una estranea a mostrarci il delirio e il dolore di Tess. Ancora una estranea che scopre gli amanti, abbandonati in una casa senza padroni, fa sembrare quegli attimi come velati da un riserbo che smorza l'incidere della penna di Hardy. Forse l'autore ha deciso di fare guardare prima Tess, e poi lei con il marito, da un occhio estraneo, per abbassare un po' la potenza con cui avrebbe demolito pezzo dopo pezzo tutto quello che era rimasto.
Nella penultima scena, ritorna nel pieno delle forze, quell'elemento mistico che riempie tutta l'attenzione del lettore.
Quel posto era tutto porte e pilastri,
alcuni uniti al di sopra di un architrave continuo... e fu ben presto chiaro
che costituivano una foresta di monoliti.
La coppia avanzò in questo padiglione
nella notte, finché non si fermò nel centro.
"E' Stonehenge!"
Tess / sa / benissimo che tutto dovrà finire e che finirà presto. Il suo ricongiungimento col mai dimenticato marito sarà di durata breve ed è con tenera lucidità che lei lo sussurra all'orecchio dello sposo. Sebbene lui voglia salvarla e ripeta, in continuazione, che non potrà mai più odiarla, lei non gli crede; non fino in fondo. E anche noi sappiamo che una macchia come quella, non potrà mai essere dimenticata. Se non subito, forse lui avrebbe ricominciato a disprezzarla?
Comunque, quella che è certa è la loro rovina.
Di quella coppia che si era scambiata sguardi, tanti anni prima, ad un ballo in bianco, non è rimasto nulla se non un ricordo.
Quella potenza che era in loro e che prometteva tanta felicità, si è svilita fino a scomparire, ed ha lasciato una realtà quanto più lontana dal sogno - tetra.
Il luogo, Stonehenge, è il massimo del misticismo.
"Sacrificavano a Dio, qui?" domandò Tess.
"No" le rispose.
"A chi, allora?"
"Credo al sole. Quell'alta pietra laggiù, isolata, è in direzione del sole, che tra poco sorgerà dietro."
Tess si lascia cadere sopra una pietra, proprio li, dove in antichità esseri innocenti venivano sacrificati a qualche entità lontana che teneva tra le mani le sorti dell'universo. E' facilissimo vedere in lei, adesso, quello stesso sacrificio. Ed è li che la trovano coloro che la porteranno ad essere giustiziata.
Alla fine del romanzo, avrei voluto che Clare rimanesse solo, ad inaridirsi ancora di più, pagando le proprie colpe, ma non è stato così. Tess, poco prima di chiudere gli occhi al riposo, gli ha fatto promettere di prendersi cura della sorellina minore, che per lei rappresenta tutto ciò che lei era e non è più. Nella sua grande generosità, vuole fargli dono di una se stessa che non esiste più e che lui non ha potuto amare.
Il romanzo si chiude proprio con loro due, Angel Clare e la piccola Liza Lu, che subito dopo l'avvenuta "giustizia" e cioè la morte di Tess, si avviano verso la loro nuova vita. Tenendosi per mano "continuano il cammino".
Si, perché sembra che solo la morte di Tess possa liberare quel tempo da una sorta di maligno incantesimo che il crescere degli eventi ha voluto accrescere come un enorme incendio.
Busy Bee.
Curiosità
La BBC ha tratto una mini serie dal romanzo di Hardy. I protagonisti sono Gemma Arterton e Eddie Redmayne. Ieri sera ho visto la prima puntata e ne vale assolutamente la pena!
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Mi sono sempre rifiutata di leggere questo scritto perché trovo la situazione di Tess una sventura dietro l'altra e spesso forzata. Non concepisco che vengano descritte sempre le situazioni più angosciose della sua vita anche se, effettivamente, tutto il romanzo gira attorno alla su sofferenza in vita e in morte. Hai saputo rendere degnamente omaggio a Tess riportando la sua vita e facendola apparire meno sventurata di quello che viene descritta, hai riportato una recensione migliore di qualsiasi ne abbia letta in giro e di qualsiasi sunto che si possa trovare. Spero che invogli tutti a leggere la storia come ha fatto con me e non per la citazione in film di dubbio gusto.
RispondiEliminaTess fa parte di un genere letterario, quello Vittoriano, che comprende anche la rappresentazione di problematiche reali e vicine al pubblico del tempo. Quindi è normale ritrovare, all’interno della trama, una forte dose di sofferenza e tribolazione.
RispondiEliminaLe sventure di Tess sono parte di un disegno ben congegnato, hanno inizio in un / determinato / momento e possono arrivare alla fine solo seguendo un intreccio serrato.
Non tutti amano abbandonarsi a narrazioni così piene di sofferenza, ma comunque non smetterò mai di consigliare questo libro. Sono proprio queste letture che cambiano, in meglio, i lettori; si tratta di libri a cui si finisce per arrendersi e che entrano nel cuore, nell’immaginario e nell’anima.
Hardy è un maestro nel disegnare le figure femminili, ma mentre leggo “Via dalla pazza folla” mi rendo conto che nessuno dei suoi romanzi può superare Tess.
Per quanto riguarda la mini serie, è ben fatta. Io poi ho una predilezione per Eddie Redmayne.